Cronistoria
8 giugno 1923 – L’ingegnere capo dell’ufficio tecnico di Brindisi, Telesforo Tarchioni, scrisse al regio commissario della città, Giovanni Albertazzi, per comunicare che Porta Mesagne presentava delle lesioni e chiedere le opportune riparazioni. La Soprintendenza ai monumenti delle Puglie e del Molise, interessata a sua volta, rispose che le riparazioni, spettavano agli enti proprietari. L’ing. Tarchioni scrisse allora al commissario del Comune che Porta Mesagne faceva parte dei monumenti del Demanio dello Stato, che ne doveva curare la conservazione, come già fatto in precedenza. L’Intendenza di Finanza di Lecce non fu dello stesso avviso, ritenendo che la Porta faceva parte del Demanio Comuale di Brindisi, “anche perchè il Comune ha consentito in passato la demolizione di parte delle mura adiacenti a Porta Mesagne e la edificazione di talune parti di esse”.
A questa risposta, l’ingegnere capo inviò al Commissario le sue deduzioni:
…che Porta Mesagne sia di pertinenza del Demanio non v’è dubbio però il Soprintendente ai Monumenti non specifica se sia un edificio monumentale e l’Intendente di Finanza di Lecce non lo annovera fra i monumenti dello Stato, così propongo che si faccia presente al locale Ispettore dei monumenti che l’edificio di cui sopra verrà senz’altro abbattuto perchè resosi in condizioni statiche poco buone e perchè ostacola il numeroso passaggio dei carri.
26 e 27 ottobre 1925 – Un forte temporale causò il crollo del timpano della volta della storica porta anche perchè nei due anni precedenti nessun intervento di manutenzione era stato effettuato. L’ing. Tarchioni, dopo un sopralluogo, scrisse al sindaco Giannelli una dettagliata relazione concludendo che le condizioni statiche della porta erano pessime e lasciavano temere che altre strutture murarie avrebbero potuto precipitare. Rendeva quindi noto che
“più volte il sig. Camassa è venuto in ufficio a segnalarmele (le pessime condizioni della porta) chiedendo che il Municipio ponesse riparo: gli ho risposto che tali lavori non sono di competenza del Municipio.” Infine ho interessato la Società Elettrica Brindisina e la Società Telefonica affinchè tolgano le mensole reggifili che sono sulla Porta. Ritengo necessario per garantire in modo assoluto l’incolumità pubblica, la completa demolizione”.
Il sindaco nella stessa giornata emise il decreto di demolizione.
31 ottobre 1925 – Era questa la data fissata per la demolizione, però il sindaco, probabilmente su suggerimento di qualcuno, il giorno precedente aveva inviato all’Ispettore ai Monumenti di Taranto il seguente telegramma-lettera:
“Assente locale ispettore onorario, comunicasi che Porta Mesagne è pericolante e che ad assicurare pubblica incolumità imponesi urgente demolizione che Municipio eseguirà domani. Tanto in adempimento ipotesi sia detta porta Monumento nazionale”.
La tradizione orale vuole che il Camassa, il giorno prima, avesse impedito con la sua presenza la demolizione della porta, tanto che la squadra degli operai fu, dopo qualche ora, inviata a lavorare altrove. Aveva inoltre inviato telegrammi ai vari enti e ministeri preposti alla conservazione dei monumenti.
5 novembre 1925 – Il sindaco Giannelli, dopo una tempestosa riunione della giunta municipale, comunicò al Soprintendente di Taranto che la Porta sarebbe stata esaminata da un collegio tecnico. In attesa delle perizie i lavori di demolizione furono sospesi.
16 novembre 1926 – Il sindaco Giannelli ricevette tramite la prefettura di Lecce il seguente ordine trasmesso d’urgenza dal Ministro della P.I.
“Riesaminata la questione di Porta Mesagne in Brindisi, questo Ministero non crede di permettere l’abbattimento, come ne era stato richiesto dal Comune ma ritiene invece che il monumentale manufatto deve ricevere dal Comune stesso tutte quelle cure conservative che mai gli sarebbero dovute mancare. Comunichi la S. V. al Comune il contenuto della presente ed inviti la detta Amministrazione a restaurare entro un dato termine il monumento, nei riguardi sia della statica che della integrità muraria, secondo il progetto che codesto ufficio medesimo vorrà predisporre d’urgenza. Il Ministro – Fedele”.
E così fu fatto, sia pure dopo vari tentennamenti e con diversa suddivisione delle spese occorrenti tra tutte le parti interessate. Per consentire il passaggio delle persone senza correre il rischio di essere investite dai carri, fu aperto un fornice (arco monumentale) più piccolo intorno al 1930.
Don Pasquale Camassa, per tutti i brindisini “Papa Pascalinu”, presidente della Regia Commissione per la tutela dei Monumenti e Oggetti d’antichità e d’Arte in Terra d’Otranto, aveva vinto la sua battaglia contro la burocrazia e le sue naturali alleate: l’ignavia e l’indifferenza. Era riuscito a mantenere integra quella Porta che, ancora adesso, serve a ricordare a chi la oltrepassa l’antichità di Brindisi.
Parlando di questa storia adesso, ci è sembrato di rivivere quei tempi. Chissà se le cose non andarono proprio così:
– Eccellenza, Eminenza, “Papa Pascalinu”! Ve ne dovete andare, non potete stare qui, è pericoloso! Ho l’ordinanza di demolizione firmata dal Sindaco e “ssignuria” mi sta bloccando la squadra degli operai! Abbiamo portato le ruspe, Porta Mesagne è pericolante e va demolita; così c’è scritto e se si ostina a restare qui si farà male.
Porta Mesagne – vista dall’interno delle mura
Ma Don Pasquale Camassa, al secolo “Papa Pascalinu”, non lo stava nemmeno ad ascoltare, la mente e i pensieri erano rivolti altrove, continuava a pensare alla sua Brigata – la Brigata Amatori di Storia ed Arte, – e alle grandi discussioni per diffondere l’amore per i nostri monumenti, per la nostra storia, per la nostra arte, per le nostre tradizioni popolari. Aveva continuato e sviluppato l’opera di Giovanni Tarantini, reso vivo il piccolo Museo di S. Giovanni al Sepolcro. Non poteva credere che oggi avessero preso la decisione di abbattere la Porta, di nascosto, senza neppure consultarlo. Eppure lui era il Presidente della Commissione Provinciale dei Monumenti. Sapevano che non avrebbe mai dato il suo consenso ed avevano pensato di ignorarlo con il pretesto di agire d’urgenza per garantire l’incolumità pubblica.
Erano due anni che l’ingegner Tarchioni gliene parlava e lui era d’accordo che bisognava fare urgentemente i lavori di consolidamento ma, nè il Comune nè il Demanio si volevano accollare le spese, dicevano che non erano di loro competenza; molto più facile demolire e allargare la strada che entrava in città. Era stata la forza del violento temporale di quattro giorni prima ad accelerare i tempi; era crollato il timpano della volta franando sulla parte sottostante che si era lesionata e strapiombata. Il sindaco aveva già firmato il provvedimento, Porta Mesagne doveva essere abbattuta quella mattina stessa e lui aveva preso quella decisione estrema, conflittuale, contraria alla sua natura amichevole e gioviale: si era detto: se vogliono cancellare con un colpo di ruspa la storia di Brindisi, devono passare sul suo corpo. E adesso era lì e da quel posto non si sarebbe spostato.
Intanto il capo operaio, vista l’inutilità di ogni discorso si era recato al Comune dove, constatata con i funzionari e con il sindaco, la determinazione di Papa Pascalinu, si prendeva la non facile decisione di fermarsi per quella mattina e spostare la squadra di operai in altro luogo.
Il giorno successivo, dopo una concitata riunione della giunta municipale, fu deciso di far esaminare le condizioni della porta a un collegio tecnico e, in tale attesa, fu sarebbe bloccata ogni azione.
Papa Pascalinu aveva vinto!
In seguito, probabilmente quella fiammella di ragionevolezza che si accende quando si fanno i discorsi giusti, anche se al momento non vengono accettati, era diventata un incendio perchè dopo un anno fu proprio il Ministro della P.I. che, alfine, diede l’ordine di salvare lo storico monumento e preservarlo per il futuro con gli opportuni lavori di restauro e manutenzione.
Porta Mesagne – oggi
Vista dall’esterno
Giuseppe Teodoro Andriani, Brindisi da capoluogo di provincia a Capitale del Regno del sud. Grafica Aprile, Ostuni – Dic. 2000